Castello di Querceto: Gran Selezione La Corte e Il Picchio. A Greve in Chianti l’impegno della famiglia François.

L’Azienda Castello di Querceto e la sua storia

Oltre 125 anni di storia, e una compartecipazione attiva nella fondazione del Consorzio Chianti Classico avvenuta ormai un secolo fa. Sto parlando della famiglia François proprietaria di Castello di Querceto. La suddetta realtà vitivinicola è situata a Greve in Chianti, tra i comuni più importante delle colline senesi.

Castello di Querceto

Ci troviamo in Toscana, una regione – ormai da svariati decenni – entrata nel gotha del vino mondiale e tra le aree a maggior vocazione enoica del bel Paese. Analizzando l’intera proprietà del Castello di Querceto, salta subito all’occhio la biodiversità che caratterizza questo affascinante lembo di terra chiantigiana. Circa 190 ettari, 65 dei quali sono coltivati a vigneto e 10 a oliveto. La restante parte è dominata da boschi di quercia e castagno, utilizzati soprattutto come riserva di caccia. La vera storia del Castello di Querceto, peraltro, risale all’epoca romana; la sua funzione era quella di vedetta sulla via Cassia Imperiale, considerata un’arteria stradale importantissima a quei tempi. Lo scopo principale era quello di difendere la zona circostante e i tesori nascosti cha la caratterizzano. Alludo più o meno alle stesse colture e vegetazioni descritte sopra, non è cambiato poi molto. Tra l’altro il castello, d’origine longobarda, conserva tutt’oggi l’originario aspetto medievale mediante un corpo pronunciato, piuttosto lungo e a forma di elle; il torrione, al centro della facciata, ripropone l’antica merlatura guelfa. Ai giorni nostri troviamo al timone dell’azienda la famiglia François. L’impegno è il medesimo e la passione per la viticultura, unita al rispetto della tradizione senese, non ha subito alcun cambiamento. Castello di Querceto ha conquistato grosse fette di mercato internazionale posizionandosi tra le aziende leader del territorio chiantigiano. Nel corso degli anni è diventata un punto di riferimento per quanto concerne lo spirito d’innovazione, la ricerca della qualità e lo studio del territorio. Elementi molto importanti che vanno ad affiancarsi ad una produzione annua di 500.000 bottiglie esportate in tutto il mondo.

Il Territorio

Il corpo vitato si divide in due versanti della valle: dal passo del Sugame e, dopo Dudda, verso Lucolena e il monte San Michele; l’altitudine è compresa fra i 400 e i 530 metri slm. Le vigne sono state impiantate attorno al periodo che va dal 1979 al 1982, alcuni ceppi anche in anni precedenti. Lo studio attento e costante, attuato dai responsabili della parte agraria del Gruppo, fa sì che all’occorrenza l’azienda si prenda la briga di rinnovare tutte quelle parcelle che hanno completato il loro corso di vita. Anche la densità di piantagione è un aspetto da non sottovalutare per la cantina di Greve in Chianti: va dalle 3.330 piante/ha dei vecchi vigneti, alle 7.575 degli impianti più recenti. L’allevamento prescelto è il classico cordone orizzontale speronato (impalcato a 60 cm dal livello del suolo), da sempre in voga nell’area del Chianti Classico, e il guyot. Il sangiovese è l’uva più importante del territorio. L’estrema versatilità di questa cultivar, e tutto ciò che riesce a restituire al vino in termini d’eleganza, austerità e capacità d’affinamento, è un tesoro da difendere ad ogni costo. Ben consapevole di tutto ciò Castello di Querceto considera il sangiovese, noto soprattutto nell’Italia centro-meridionale, il re indiscusso dell’intera produzione aziendale. Vengono affiancate anche altre varietà autoctone e internazionali: canaiolo, colorino, cabernet sauvignon, syrah, petit verdot e merlot. Tra i vitigni a bacca bianca troviamo la malvasia del chianti, il trebbiano toscano, il san colombano e lo chardonnay. I Chianti Classico e Riserva nascono da una selezione di tutti i vigneti dell’azienda. L’uva sangiovese rappresenta grossomodo il 90% della cuvée, mentre il restante 10% è composto da canaiolo e da percentuali esigue di antichi vitigni tradizionalmente allevati in Toscana, tutti a bacca rossa.

La filosofia

Simone e Alessandro Francois

Gran parte del merito, legato perlopiù alla qualità dei vini prodotti tra le colline senesi, va attributo alla particolare matrice del terreno dove crescono le uve. Quella di Greve fa parte di quella piccola area situata sul lembo settentrionale dei monti del Chianti costituita da scisti policromi ricchi di manganese, ferro e metalli alcalino-terrosi che risalgono al periodo cretaceo-eocenico.

L’azienda applica, in vigna, azioni mirate atte perlopiù ad ottenere il massimo della qualità e della compatibilità ecologica: potature molto corte e diradamento dei grappoli quando necessario, utilizzo esclusivo di fertilizzanti organici e vendemmia manuale. L’impegno di Castello di Querceto, da sempre legato alla salvaguardia ambientale, è certificato da “ViVa”, Programma del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Quest’ultimo ogni anno verifica l’impatto aziendale riguardo elementi primari quali: territorio, aria, vigneto e acqua. – Vogliamo tradurre – racconta Alessandro François – con sempre maggior profondità e con minori interventi possibili in cantina, l’identità del nostro territorio attraverso il timbro inconfondibile delle nostre uve, a partire da quelle del nostro sangiovese. – Lo scopo è offrire alle future generazioni un posto migliore in cui vivere.

La degustazione:

Passiamo dunque al mio punto di vista relativo a due etichette specifiche che rappresentano, senza dubbio, la fascia più alta della gamma dei vini di Castello di Querceto. Appartengono entrambe all’UGA (Unità Geografiche Aggiuntive) Greve.

  • Chianti Classico Gran Selezione Greve Il Picchio 2020

Il Picchio è in gran parte sangiovese (95%), a saldo troviamo il colorino (5%), ed è il frutto di un singolo vigneto di 4,5 ettari situato a circa 450 metri slm; orientamento a est/sud-est. il terreno è ricco di argilla (circa il 35%), calcare e microelementi quali ferro, magnesio e manganese. In cantina si parte da una fermentazione, e macerazione, in fermentatori in acciaio inox a temperatura controllata per circa due settimane; l’affinamento avviene in barriques e tonneaux di Tronçais ed Allier per un anno, più sei mesi in bottiglia prima della messa in vendita. Rubino caldo, profondo, media trasparenza e consistenza. Il frutto è piuttosto goloso, pare quasi di morderlo: mirtillo e ribes nero, macchia mediterranea e chiodo di garofano; soffi balsamici in chiusura e una vena di calcare. Palato ancora giovane e leggermente sconnesso, il frutto appare “croccante” e per nulla esasperato. Lunga scia sapida in chiusura e nel complesso buona freschezza. Si sposa perfettamente con un piatto di peposo toscano.

Chianti Classico Gran Selezione Greve La Corte 2020

La Corte è un sangiovese 100% e proviene da un vigneto di circa 4 ettari. In questo caso troviamo invece terreni sabbiosi ed esposti a ovest/sud-ovest ad un’altimetria che va dai 440 ai 470 m slm. Trattasi di un cru storico di famiglia, basti pensare che il vitigno sopracitato venne impiantato, e vinificato in purezza, sin dai primi del Novecento. Riguardo la vinificazione, e di conseguenza l’affinamento, segue lo stesso percorso del vino precedente. Granato intenso con unghia rubino, buon estratto, appare luminoso. Il suo respiro a tratti è ipnotico e l’eleganza rappresenta la parola d’ordine: lampone, ciliegia matura e scorza d’arancia rossa sanguinella, tabacco e grafite; il comparto floreale è arioso, cangiante e sa di iris, zagara e geranio selvatico. Naso stupendo. Non scherza nemmeno al palato: succoso, agile, ritmato tra guizzi acidi e sapidi inseriti in un corpo per nulla ingombrante; è la persistenza a convincere. Pici al ragù di chianina.

Photo Credits: Castello di Querceto e Danila Atzeni

Pubblicato da frescoesapido

Sommelier Ais dal 2011, in tandem con Danila Atzeni, fotografa professionista e sua compagna, autrice, tra l’altro, degli scatti dei suoi articoli, è un grande appassionato per la materia tanto cara a Dio Bacco ed ama la purezza delle materie prime in cucina: proprio l’attività tra i fornelli l’ha fatto avvicinare al mondo del vino attorno al 2000. Dopo svariati master di approfondimento sui più importanti territori vitivinicoli al mondo, nel 2021 ha ricevuto il 33° Premio Giornalistico del Roero. Scorre il nebbiolo nelle sue vene, vitigno che ha approfondito in maniera maniacale, ma ciò che ama di più in assoluto è scardinare i luoghi comuni che gravitano attorno al mondo del vino. Collabora, altresì, anche con altre note riviste di settore quali Lavinium, L'Acquabuona e Travel Wine Magazine.