Revì, l’altra faccia del Trentodoc

Ebbene sì, doveva succedere prima o poi, quale terroir migliore per conoscere un mio caro lettore.
Non è una poesia in rima baciata, è realtà. Dopo l’articolo su Leonello Letrari, torno a parlarvi di Trentodoc.
Con lo scopo di visitare un’azienda che da tempo tengo sott’occhio, ho finalmente incontrato di persona il mio primo lettore, ovvero Gabriele.
Questo caro ragazzo, con passione e dedizione si è affezionato al mio blog e soprattutto al mondo del vino, ha frequentato il corso per diventare sommelier fino al conseguimento dell’ambito diploma. Per festeggiare assieme questo importante traguardo abbiamo deciso di far visita all’azienda Revì di proprietà di Paolo Malfer, che dal 1982 con i suoi celebri vini Trentodoc rende onore al terroir di Aldeno, importantissimo comune della Val d’Adige in provincia di Trento, zona che secondo la leggenda era votata alla coltivazione di una vite dalla quale si otteneva un vino superiore e regale: il “Re vin”, da qui l’intuizione che da il nome a questa piccola azienda a conduzione prettamente familiare che sempre di più sta mostrando un’altra faccia di questa importante denominazione a cui sento di essere particolarmente legato.
Il motivo è molto semplice. Rispetto ad altre denominazioni che producono le nobili bollicine italiane, a mio avviso il Trentodoc è maggiormente fedele alla caratteristiche che hanno reso il metodo classico in Italia una delle categorie di vino più affascinanti, in grado di tradurre magistralmente caratteristiche di complessità, finezza ed eleganza olfattiva all’armonia ed all’equilibrio gustativo, senza mai perdere di vista l’obbiettivo principale, ovvero la freschezza e la bevibilità. Elementi questi che non devono mai mancare in questo tipo di vino.
Salvo il fatto che bisogna bere responsabilmente, mi permetto di fare questa considerazione: una bottiglia del più celebre Nebbiolo, degustata da due persone ad una cena, può non esaurirsi data anche la struttura del vino, ma un grande metodo classico italiano così come un grande Champagne francese devono letteralmente evaporare molto prima. Se questo avviene, vuol dire che in vigna così come in cantina, sono stati rispettati i principi fondamentali di questa tipologia di vino, in caso contrario no, e questo purtroppo accade in percentuali sempre più ampie in altre denominazioni rispetto al Trentodoc, come ad esempio la Franciacorta o l’Oltrepò Pavese che, fatte le dovute e sacrosante eccezioni, inseguono troppo spesso logiche di mercato creando vini costruiti tanto al naso quanto al palato, ed è un vero peccato sopratutto in quei comuni altamente vocati di cui ho già scritto, ricordate ad esempio Bruno Dotti dell’azienda San Cristoforo di Erbusco? Che vino!
Paolo Malfer questo lo sa bene, è una sua filosofia di vita la ricerca della qualità e della fedeltà al territorio. Mi racconta che è sempre stato il suo obbiettivo, da quando esercitava la professione agricola anche in altri settori, ad esempio quello della coltivazione delle mele, altra grande risorsa della zona. I suoi vini rappresentano a mio avviso una nicchia all’interno di una denominazione di nicchia. Il terroir di Aldeno, situato alle pendici del Monte Bondone vanta addirittura la presenza storica di “ vitis vinifera silvestris” ed i suoi vigneti posti ad altitudini che variano da 210 a 450 metri s.l.m., godono di ottime caratteristiche geo climatiche e terreni vocati alla coltivazione di uve in prevalenza Chardonnay e Pinot Nero, storicamente le più vocate in Italia ed all’estero per ottenere grandi vini ottenuti con la rifermentazione in bottiglia.

Le Vigne
Le Vigne

Dopo una stupenda visita ai vigneti ed alla cantina di Paolo, che ringrazio pubblicamente per la grande professionalità, oltre che per la simpatia e l’amicizia dimostrata, ci sediamo all’interno della stupenda sala di degustazione per iniziare la sinfonia, ovviamente assieme a Danila, Gabriele e la moglie Enrica, anche lei molto incuriosita dalla materia.
Cominciamo col dire che tutti i vini dell’azienda Revì sono dei millesimati, ovvero vini che utilizzano uve della stessa annata.

Dosaggio zero millesimato 2011
Dosaggio zero millesimato 2011

Il preludio è rappresentato dal Trentodoc Dosaggio Zero millesimato 2011, sboccatura 2015 sosta sui lieviti 36 mesi, composto da uve Chardonnay al 75 % e dal 25 % Pinot Nero. Perlage da manuale. Il colore è attraversato da lampi dorati su sfondo paglierino, vivace e luminoso. Il naso dimostra le caratteristiche del terroir di cui vi ho parlato: mela golden, piccoli fiori freschi di montagna, una vena minerale salata su uno sfondo di spezie dolci che riportano ad un leggero uso del legno, di questo si scherzava con Paolo, perché questo vino il legno non l’ha visto nemmeno in fotografia, questo è l’estratto secco della materia, data da grandi uve. Lo si avverte soprattutto in bocca, sapidità notevole coerente alla mineralità descritta, bolla ancora nervosa, incisiva, acidità spinta ai massimi e grande freschezza che servirà a detergere ad esempio un antipasto di rollini di salmone affumicato ripieni di Crème fraîche e punte di asparagi glassati al pepe bianco.

Brut millesimato 2011
Brut millesimato 2011

Si continua la sinfonia con il Trentodoc Brut millesimato 2011, sboccatura 2015 sosta sui lieviti 36 mesi, composto da uve Chardonnay al 75 % e dal 25 % Pinot Nero. Sin dal colore dimostra classe ed eleganza, bolla finissima e continua, con il suo paglierino vivace e riflessi oro. Il naso è caratterizzato da forte personalità che subito evidenzia una matrice diversa: note di pane tostato, scorza di agrume su tutti l’arancia, continua su note oserei dire scure, di erbe aromatiche “piccanti” ed una scia minerale leggermente boisé. Il palato evidenzia una bolla incisiva, ma tecnicamente ineccepibile in quanto a cremosità, freschezza ed acidità spinta ai massimi, ciò che appassiona è ovviamente la sapidità e la lunga persistenza, caratteristiche sul quale il Trentodoc in Italia dimostra una marcia in più, rispetto alle altre denominazioni, soprattutto questo vino. Lo vedrai magistralmente abbinato ad un piatto di conchiglioni di Gragnano ripieni di ragù bianco di verdure dell’orto e bufala, ripassati al forno con spolverata di formaggio Grana Padano a gratinare.

Rosé millesimato 2010
Rosé millesimato 2010

Poteva mancare un Rosè in casa Revì? Direi di no. Ed ecco a voi il Trentodoc Brut rosè millesimato 2010, sosta sui lieviti 42 mesi, ed è composto all’80 % da uve Pinot Nero e la restante parte Chardonnay. Sboccatura 2015.
Il colore rosato è deciso, luminoso, qualche riflesso ramato evidenziato dalle bollicine fini e regolari.
Il naso è composto principalmente dai caratteri distinitivi del Pinot Nero spumantizzato, con note “piccanti” di frutti di bosco, su tutti il lampone alternato da eleganti note di pompelmo rosa e mela renetta. Con l’ossigenazione arriva anche una ventata dolce di zucchero a velo. Il palato deciso ed incisivo grazie ad una bolla verticale, evidenzia una nota leggermente tannica ed un leggero residuo zuccherino, che aiuterà l’abbinamento gastronomico ad esempio se concepito su un piatto di roast beef con patate duchessa. Devo ammettere che sui rosè sono un estremista e questo vino l’ho trovato interessante se concepito sull’abbinamento gastronomico, ma sono curioso di assaggiare il Il Cavaliero Nero Rosè Riserva 2009 Trentodoc 100% Pinot Nero che sarà presentato a Vinitaly quest’anno, con sosta sui lieviti di 60 mesi.
Chiudiamo la sinfonia nel migliore dei modi con la punta di diamante dell’azienda, un vino che sta facendo strada nell’ambiente Trentodocchista e che non ha paura di competere con illustri avversari.

Paladino mill. 2010
Paladino mill. 2010

Il prezioso nettare si chiama Paladino Extra Brut Millesimato Trentodoc 2010, 2000 bottiglie prodotte da un unico vigneto posto a 700 metri sul livello del mare, Paolo ha voluto piantare la sua bandiera anche nello splendido terroir di di Trento. Sboccatura 2015, 100% Chardonnay, 42 mesi sui lieviti.
Questo prodotto dimostra fedeltà e rispetto del territorio a 360°, partendo dalla coltivazione certificata biologica arrivando al confezionamento interamente eco sostenibile. Per il confezionamento si abbandona la scatola di cartone a favore di un sacchetto in cotone naturale riutilizzabile, pensate che addirittura la capsula in polilaminato che riveste il collo della bottiglia qui viene sostituita dalle brattee che avvolgono le pannocchie del granoturco legate da un vimine, insomma tutto biodegradabile per preservare questo grande territorio.
Ma veniamo al vino, colpisce da subito per il suo colore vivace e luminoso, un paglierino luminosissimo reso tale da un perlage di estrema finezza.
Il naso dimostra tutta la classe del Trentodoc quando rimane a lungo in sosta sui lieviti. Intense note di boulangerie e pane appena sfornato, crema di vaniglia, ravvivate come sempre da una nota agrumata intensa questa volta di limone, mela golden dolcemente matura ed una vana minerale salata e di calcare, addirittura note di zafferano. Con l’ossigenazione dimostra classe e stoffa che fanno presagire un lungo invecchiamento perché si evidenziano note leggermente ossidative di grande comlpessità. Il palato è cremoso quanto vivace, acidità e sapidità praticamente su un asse bilanciato, grande coerenza di note retronasali, chiude intenso e persistente, ben oltre le mie aspettative.
Un vino che a mio avviso tiene addirittura l’abbinamento su uno spezzatino di capretto brodettato con cipolla e zafferano.
In chiusura mi preme fare ancora una volta i complimenti a Gabriele, che ormai da tempo mi onora della sua amicizia e fiducia non solo leggendo mio blog ma confrontandosi con me ormai quasi giornalmente, gli auguro altri mille di questi traguardi, gli stessi che auguro a Paolo Malfer ed alla sua interessante azienda Revì, che vedrà a mio avviso un futuro glorioso grazie anche alla collaborazione dei suoi figli a cui è stata tramandata passione e dedizione, oltre al rispetto del terroir, da sempre antica ricetta vincente per conseguire importanti traguardi.

Pubblicato da frescoesapido

Sommelier Ais dal 2011, in tandem con Danila Atzeni, fotografa professionista e sua compagna, autrice, tra l’altro, degli scatti dei suoi articoli, è un grande appassionato per la materia tanto cara a Dio Bacco ed ama la purezza delle materie prime in cucina: proprio l’attività tra i fornelli l’ha fatto avvicinare al mondo del vino attorno al 2000. Dopo svariati master di approfondimento sui più importanti territori vitivinicoli al mondo, nel 2021 ha ricevuto il 33° Premio Giornalistico del Roero. Scorre il nebbiolo nelle sue vene, vitigno che ha approfondito in maniera maniacale, ma ciò che ama di più in assoluto è scardinare i luoghi comuni che gravitano attorno al mondo del vino. Collabora, altresì, anche con altre note riviste di settore quali Lavinium, L'Acquabuona e Travel Wine Magazine.

2 Risposte a “Revì, l’altra faccia del Trentodoc”

  1. Buona sera Andrea tanto per cambiare complimenti per l’articolo. Sono passati quasi 4 mesi da quel freddo pomeriggio dove abbiamo conosciuto io e mia Moglie te e Danila e Paolo e la sua famiglia passando qualche piacevolissima ora a degustare ed a imparare da Paolo Malfer i suoi strepitosi Trentodoc!!! Ringrazio anch’io Paolo per la sua lezione e disponibilitá ed infinita gentilezza e ringrazio te non solo per la grande Amicizia, ma anche per avermi portato e fatto conoscere Revì! A mio modo sono stato conquistato dal pas dosé per la grande pulizia mineralitá ed essenzialitá e sottoscrivo le tue strepitose note di degustazione! Grazie Ancora

    1. Stavo “sfogliando” il mio blog e mi sono reso conto solo stasera che sono passati ormai quasi due anni, ho riletto io stesso articoli
      che quasi avevo scordato, perché la parole dette o scritte si dimenticano, ma le persone, i vini e le emozioni che abbiamo provato quel giorno
      te le ricordi per tutta la vita, quindi spero presto di tornare a trovarti Gabri e perchè no, magari assieme, incontreremo altri lettori appassionati che diventeranno nostri grandi amici. Un abbraccio e grazie per i tuoi complimenti tanto per cambiare.

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